Il “beat”, l’incedere ipnotico e ossessivo che richiama le danze primitive, è alla base dell’idea di Make It Better, l’album d’esordio degli a/lpaca in uscita il 19 marzo 2021 in vinile, CD, musicassetta e digitale per We Were Never Being Boring Collective (Italia, USA), Sulatron Records (Germania) e Sour Grapes Records (UK).
A livello sonoro, ma anche tematico, il fulcro di Make It Better è costituito dal ritmo: l’album si svolge in un immaginario “beat club” che è al tempo stesso luogo di liberazione, divertimento, aggregazione e che dà anche titolo al singolo apripista, Beat Club per l’appunto, disponibile da oggi 15 gennaio 2021 e accompagnato da un lisergico videoclip presentato in anteprima su Rumore e creato da Zannunzio, autore anche dell’artwork. “È un luogo fisico e concettuale”, afferma la band. “Fisico perché è visualizzabile tramite le sue stanze, i suoi corridoi, le sue sale da ballo, e concettuale perché rappresenta gli argomenti di cui è permeato il disco: il desiderio spasmodico di un ambiente a cui appartenere, la volontà di puntare a migliorare se stessi e ciò che ci circonda e, soprattutto, la celebrazione di una gioventù che vive la musica come strumento salvifico, alla costante ricerca di un modo, e quindi di un luogo, per lasciarsi alle spalle le preoccupazioni di un futuro incerto”.
Questi input sono sviluppati da quattro ragazzi – Christian Bindelli alla voce e alla chitarra, Andrea Verrastro al basso, Andrea Fantuzzi alle tastiere e Andrea Sordi alla batteria – che partendo da Mantova esprimono la loro visione di “beat music” grazie a un sound magnetico e nervoso. L’utilizzo del “beat” caratterizza l’umanità sin dagli albori e ha attraversato i secoli cambiando forma ma non sostanza. In Make It Better il “beat” è raccontato come uno spirito impersonale che avanza, freddo e impassibile al pari delle linee vocali, e guida la band verso una sorta di emancipazione artistica. Il beat è anche un mezzo per fare gruppo e purificarsi dalle “responsabilità” della vita reale e della transizione dalla gioventù all’età adulta, in sintesi dalla paura di non “essere all’altezza”. Trovando rifugio nella musica, con il legittimo sogno di farne addirittura un lavoro, oppure semplicemente uscendo per “bere e ballare con gli amici” (“I wanna get drunk, just keep dancing with my friends”, dalla title track Make It Better).
Al ritmo fa però da contraltare la melodia, spesso affidata alle tastiere, e di certo non secondaria, anzi. “Lo strato del ritmo ‘sotterraneo’, martellante e monotono, serve per sorreggere una componente melodica più mobile e quasi oscillante. Questo connubio è molto importante per la composizione dei nostri pezzi; ed è chiaramente qualcosa che ricerchiamo anche nella musica che ascoltiamo”. A tal proposito, gli a/lpaca non nascondono le influenze presenti in Make It Better: il loro psych-rock capta i segnali della Londra anni Sessanta di Pink Floyd e Soft Machine (omaggiati indirettamente nel brano I Am Kevin Ayers), li mescola con il krautrock teutonico di Neu! e Can, e infine aggiorna il tutto con l’esempio moderno di Thee Oh Sees e King Gizzard & The Lizard Wizard. Il risultato suona ieratico e adrenalinico, rigoroso e selvaggio, assolutamente irresistibile.
“Take the time for the beat and this time make it better”, come recita la title track dell’album, è dunque un ritornello, una dichiarazione d’intenti, un manifesto. In una sola frase, gli a/lpaca ci dicono del loro stile di fare musica e della voglia di rendere la musica una missione. Una prospettiva ambiziosa, è vero, ma tutt’altro che campata per aria. Perché gli a/lpaca in questi anni si sono dati anima e corpo per “prendere il beat e migliorarlo”, pubblicando alcuni EP tra 2018 e 2020, e hanno suonato in lungo e in largo per l’Italia, come ben sa chi ha avuto già la fortuna di incontrarli in quelle esplosive circostanze. Make It Better è stato registrato nel corso del 2020 da Davide Chiari presso La Buca Recording Studio di Montichiari, Brescia. Il missaggio è stato realizzato da Marco Degli Esposti, il mastering è a cura di Lorenzo Caperchi. In un mondo in cerca di guarigione, gli a/lpaca lanciano il loro invito alla bellezza, alla condivisione, al ballo: “Sometimes I live the past but I know beat is my place”.