Il luogo dove Sara Parigi ha raccolto le sue nuove canzoni non poteva che essere il suo album d’esordio da solista, intitolato non a caso Stanza, archiviata la breve ma significativa avventura con i Lady in the Radiator, band alt-rock che nel 2019 ha vinto il prestigioso concorso nazionale Rock Contest di Controradio. Un luogo in cui Parigi si è fatta raggiungere innanzitutto da Alessandro Fiori, in veste di produttore artistico.
In uscita in CD e su tutte le piattaforme digitali il 26 gennaio 2024 per Viceversa Records con distribuzione Audioglobe/Believe, Stanza accorpa dunque le idee maturate tra 2020 e 2023 dalla cantante, musicista e autrice toscana, di Prato. «Questa Stanza è il luogo dove i pensieri degli ultimi tre anni prendono forma. Un posto sicuro pieno di oggetti di ogni tipo: alcuni sono antichi e preziosi come scrigni, altri sono conchiglie senza utilità – se non la loro bellezza – e della cui presenza io sola mi accorgo; altri ancora sono usurati e da buttare, ingombranti e senza speranza. Ci sono anche piccoli lumi che si accendono, spiragli nascenti di un chiarore che illumina la notte. Due finestre aprono la Stanza a mondi esterni che riflettono come specchi il caos ordinato da essa racchiuso: da una parte il fluire di acque profonde di Rive, dall’altra la tensione verso la leggerezza di Animale».
Molte cose sono cambiate nel frattempo, sia da un punto di vista sonoro che testuale, ad assecondare il tumulto delle urgenze espressive. Parigi è partita dall’avant-noise in inglese dei Lady in the Radiator e con il suo nuovo progetto in proprio è arrivata adesso a un compiuto songwriting art-pop in lingua italiana, sostenuta da una vocalità peculiare ed elegante, divenuta di pari passo più diretta, in simbiosi con la spontanea teatralità della sua presenza scenica. Sebbene permangano tanto suggestioni prettamente internazionali quanto un’inevitabile inquietudine di fondo, nei dieci brani di Stanza subentrano atmosfere coraggiosamente intimiste e melodie irregolari sospese tra passato e futuro, cioè tra strumenti tradizionali ed elettronica.
Parigi racconta: «L’approccio da solista, complice la pandemia, mi ha permesso uno spazio di scrittura tutto mio. Sentivo il bisogno di ri-conoscermi e per questo dovevo mettere la mia visione al centro – una cosa che inizialmente mi ha spaventato, ma che mi ha messo di fronte a nuovi stimoli. Ho percepito come una sfida anche il passaggio testuale dall’inglese all’italiano, dato che desideravo conciliare parole e sviluppi armonici imprevedibili. La ricerca del suono è sempre stata una priorità, ma al contempo utilizzare la mia lingua è un modo per raggiungere quella dimensione di onestà verso me stessa che mi ero posta come obiettivo, oltre che per accorciare la distanza tra ciò che voglio dire e come dirlo».
L’incontro artistico con Alessandro Fiori – superfluo ma doveroso ricordarlo: tra i nomi più rilevanti e originali del nostro cantautorato contemporaneo – è stato illuminante sotto molti punti di vista. Fiori si è occupato della produzione artistica e ha suonato assieme a Parigi nella maggioranza della tracce di Stanza. «La nostra collaborazione mi ha fatto tornare alla dimensione del gioco e dell’istinto visionario, il che mi ricorda perché faccio musica. Di questi tempi, penso sia un approccio sempre più raro, da custodire con cura. Semplicemente, non ci siamo posti limiti per l’elaborazione di questo disco e lui ha colto i miei semi creativi portandoli a sbocciare in un’accezione tutta loro».
L’album è anticipato dal primo singolo Rive, in misterioso dinamismo tra mellotron e synth, corde acustiche e batteria elettronica, con parti del testo liberamente ispirate a frammenti de Le città invisibili di Italo Calvino. «Quando ho scritto questo brano, avevo un’immagine nella mente: quella di un’onda che si infrange sulla sabbia, che ora si mostra e ora si ritira. Questa immagine si è fusa poi nel testo con un altro movimento per paradosso vitale: quello del lasciare andare, della morte di qualcosa o di qualcuno, di un luogo o di una parte di noi. Rive, per me, è come la descrizione di un rito di passaggio, doloroso ma necessario, carico di quella stessa spinta vitale».
Rive è accompagnato da un videoclip diretto da John Snellinberg, collettivo attivo anche nella realizzazione di film (La Band del Brasiliano, Sogni di Gloria) e documentari. «Lavorare con John Snellinberg è molto naturale. Partiamo dalle mie idee, spesso strampalate, e da lì capiamo in che direzione andare. Il risultato è sempre in linea con quello che mi preme comunicare e affidarmi a loro in tal senso è una garanzia». Che sia meta di conquista o rifugio, che sia reale, virtuale o ancor meglio surreale, è di certo il momento di entrare nella Stanza di Sara Parigi.