La luce continua a essere al centro della musica dei Pitchtorch, trio alt-folk formato da elementi di The Gutbuckets, Guano Padano e The Vickers. “La luce è qualcosa a cui tendere. I suo raggi sono fatti anche di suoni. I suoni che, imperterriti, cerchiamo di seguire in mezzo a quello che sembra sempre più uno scenario apocalittico“. Il nuovo e secondo album I Can See The Light From Here, programmatico sin dal suo titolo, è in uscita il 3 febbraio 2023, un’autoproduzione con distribuzione IRD che fa seguito all’omonimo debutto del 2019.
“Pitchtorch è la fusione ideale di due parole – pitchfork, cioè il diapason, e pitch torch, che significa fiaccola o torcia – e rappresenta la musica come una luce che può fare da guida in questi tempi bui, non solo musicalmente parlando. Pitchtorch è un diapason ma è anche una fiaccola che segna il cammino da intraprendere”. Questo è infatti raffigurato nel logo dei Pitchtorch, realizzato da Nazario Graziano.
Pitchtorch “accorda” assieme tre musicisti – di base tra Firenze e Milano – dalle storie rilevanti e differenti alle spalle: il chitarrista, compositore e session player Mario Evangelista (attivo in The Gutbuckets e altre formazioni, oltre che produttore internazionale e autore di musiche per cortometraggi e pubblicità), il bassista e contrabbassista Danilo Gallo (un terzo dei Guano Padano, in compagnia di Alessandro “Asso” Stefana e Zeno De Rossi, e titolare del quartetto Dark Dry Tears) e il batterista Marco Biagiotti (già nelle fila della band indie psych-pop The Vickers, oltre che turnista per L’Albero).
Dopo Il primo estratto Jack Of All Trades, il secondo e nuovo singolo Ask The Dust, dedicato al capolavoro letterario di John Fante e disponibile da oggi 20 gennaio, è impreziosito dalla presenza di Joachim Cooder, figlio del leggendario Ry, che contribuisce alla causa suonando la mbira, un metallofono africano modificato in versione moderna.
Se il precedente capitolo di studio era più cinematografico e introverso nell’interrogarsi sull’origine di determinati problemi, I Can See The Light From Here è un album che parla di soluzioni, o quantomeno di accettazione, con una vena in certi momenti addirittura ironica e uno sbilanciamento più deciso verso la forma-canzone. Il lato introspettivo del folk lascia qui il campo a un classic rock spazioso, che si tinge spesso di Americana e West Coast, psichedelia, blues e jazz, rievocando gli ascolti mandati a memoria di The Allman Brothers Band, Calexico e Wilco tra gli altri.
Il gruppo ha suonato e registrato il disco alla vecchia maniera, ovverosia tutti insieme, in presa diretta, nella stessa stanza, senza pannelli né trucchi, con piccole sovraincisioni qui e là, sotto la supervisione di Antonio Castiello e Aldo De Sanctis, responsabili anche di mix e master, in quel del Jambona Lab Studio di Livorno. Nonostante la scrittura dei brani resti farina del sacco di Evangelista, il lavoro di rifinitura e arrangiamento si è svolto con un approccio maggiormente collettivo rispetto al recente passato.
Gli altri ospiti chiamati a raccolta, una novità in casa Pitchtorch, sono Beppe Scardino (C’Mon Tigre, Calibro 35, Diodato), al sax baritono in That’s Our Blues, pezzo pubblicato in origine da The Gutbuckets, e Francesco Bigoni al clarinetto in Flying Ants. Ognuna delle dieci tracce in scaletta, comunque sia, presenta una propria peculiare e giocosa struttura, compresa l’improvvisazione in sala prove di Downtown Livorno e la title track strumentale, posta in chiusura.
Come dicevamo, I Can See The Light From Here è pervaso dal calore rassicurante della luce e da accese tonalità di arancione, ben presenti anche nella copertina astratta realizzata appositamente da Xenophilius. “La forza della luce è riscontrabile tanto nella potenza suggestiva di un tramonto quanto nella nostra personale concezione di suono“.