Ci sono vari modi per affrontare il dolore. Per esempio, ricorrendo agli analgesici, oppure stordendosi a suon di bicchieri di vino. Oppure ascoltando Painkillers And Wine, il primo album dei Monoscopes, in uscita in CD, vinile e digitale oggi 28 gennaio 2022 per Big Black Car Records, etichetta della medesima band.
Quasi tutte le canzoni della band veneta hanno a che fare con ferite di vario tipo e sono un tentativo di esorcizzarne la sofferenza. “Il dolore è la condizione fondante dell’esistenza e, alla pari del piacere, è una delle cose che ci fanno sentire vivi. Painkillers And Wine è un viaggio nelle varie forme della percezione del dolore e della sua sublimazione in musica. Del resto, lo cantava anche il grande Johnny Cash nella cover di Hurt dei Nine Inch Nails, facendo proprio il testo di Trent Reznor: «I hurt myself today, to see if I still feel»“.
I Monoscopes sono la band guidata da Paolo Mioni (voce, chitarre, organo), polistrumentista di Padova, in passato per un paio di anni nei Jennifer Gentle e già fondatore della band alt-blues Nicotine Alley, titolare di due dischi. Attorno al 2015, Mioni ha cominciato a scrivere canzoni maggiormente orientate a psichedelia, power pop e shoegaze, tanto da avvertire la necessità nel 2016 di dar vita a un nuovo progetto, via via sviluppato in totale autonomia, per riflettere questa nuova identità artistica. Quando la composizione delle nuove canzoni è terminata, Mioni si è però messo in cerca di nuovi musicisti con cui suonarlo, in studio e dal vivo. Questi musicisti sono Francesco Sicchieri (Nu Bohémien) alla batteria e alle percussioni, Francesco Pagliarin (SlowMotionLove, Hinamuri, Replace The Battery) al basso, ai cori e all’occorrenza alla chitarra, Marco Degli Esposti (Cranchi, Art of Wind, The Great Northern X, La Notte Delle Streghe) alla chitarra, alle tastiere e ai cori. La lavorazione dell’album d’esordio è stata lunga e l’ingresso in formazione dei nuovi musicisti ha spesso condotto le canzoni verso nuove direzioni rispetto alle versioni originarie. Painkillers And Wine è stato infine registrato e mixato da Mioni, che ha anche prodotto il tutto, a eccezione di un paio di pezzi registrati e mixati in precedenza da Marco Fasolo al T.U.P. Studio di Brescia.
In Painkillers And Wine, presentato in anteprima full stream sul sito di Rumore, troviamo dieci perfette pillole indie rock dal retrogusto di Americana da mandare giù con fiumi di melodie. “Il centro delle canzoni è la melodia“, conferma Mioni. Molte canzoni presentano strutture semplici e lineari, con la parte vocale in primo piano, mentre in altre si affianca una più spiccata ricerca armonica e ritmica. I principali punti di riferimento sono tre: Big Star (la loro canzone Big Black Car eletta ad autentico faro attitudinale), Spiritualized e Velvet Underground. È sempre Mioni a parlare: “Una delle ispirazioni più forti è Third/Sister Lovers dei Big Star, uno dei miei dischi preferiti in assoluto, le cui atmosfere cupe e malate, assieme a un approccio più scuro al pop, influenzano fortemente alcuni brani. Degli Spiritualized amo l’incontro fra psichedelia e gospel con la componente più rumorosa. Dei Velvet Underground mi interessa molto, invece, l’incrocio fra canzoni che sono rock’n’roll o pop ma impegnative a livello di contenuti, fra dolcezza apparente e ruvidezza delle storie raccontate nei testi, con particolare rimando al terzo album omonimo“.
Il primo ombroso singolo Ages Of You si concentra su una relazione amorosa fondata sull’abuso, sulla sopraffazione e sulla violenza. Il/la protagonista si sente svuotato/a da un’amante che si approfitta di lui/lei e lascia dietro di sé solo delle tracce, inequivocabili ma dolenti, del proprio disastroso passaggio. Il video del singolo è ispirato ai famosi screen test di Andy Warhol, in evidenza nel recente documentario di Todd Haynes sui Velvet Underground. Il secondo singolo I Should Have Known parla di quando vorresti tornare indietro ma è ormai troppo tardi, quando ci sono solo cocci da raccogliere e vorresti avere capito prima che sarebbe andata a finire così. Oltre che da Jumping Someone Else’s Train dei Cure, il relativo video deriva proprio dall’idea di compiere un viaggio all’indietro, ricomporre ciò che è andato in frantumi e ripartire da capo.
Le tematiche delle altre canzoni in scaletta vanno dalla morte di una persona cara alle droghe, dalla commiserazione e dai comportamenti autodistruttivi alla paura del palcoscenico, sino ad amori presenti e passati. Un bagaglio di tormenti che può alleggerirsi grazie al senso di libertà trasmesso da un veicolo a quattro ruote, in salvifico procinto di lanciarsi nel nulla di una strada polverosa, preferibilmente a stelle e strisce, magari dopo aver fatto il pieno a una gas station. La copertina dell’album, realizzata da Antonio Campanella, si collega non a caso a un classico immaginario automobilistico e guarda tra le altre cose agli scatti di William Eggleston, fotografo statunitense degli anni ‘70. In fondo, niente può andare storto mentre si va, mentre Painkillers And Wine gira sul piatto.